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Che rapporto hai con le emozioni?

Pubblicato il 20/04/2021 - Aggiornato il 15/12/2021

Queste informazioni non sostituiscono in alcun modo il colloquio con il tuo medico di fiducia.

Vi siete mai interrogati sul rapporto che avete con le vostre emozioni? Quali emozioni provate? Come vi fanno sentire? Quali situazioni vi portano a provare certe emozioni e quali sono le vostre reazioni?

Dott.ssa Anna Guerrini Usubini

Staff Servizio Psicologia Clinica e Psicoterapia

La regolazione delle emozioni

Il modo in cui le persone fanno fronte alle proprie emozioni dipende dalle strategie di regolazione emotiva che adottano, talvolta inconsapevolmente.

Con il termine “regolazione emotiva” possiamo indicare una capacità fondamentale per il nostro benessere che consiste nel saper riconoscere le emozioni per agire in linea con noi stessi, non reagire in modo meramente impulsivo. Viceversa, una gestione disfunzionale delle emozioni può portare a esacerbare situazioni di sofferenza già presenti e gettare le basi per l’insorgenza di specifiche difficoltà psicologiche.

Nei momenti di stress in cui si è sottoposti a pressioni esterne o interne, possono emergere modalità disfunzionali, impulsive, eccessivamente reattive o di chiusura. Riconoscere tali difficoltà, essere consapevoli delle strategie disfunzionali messe in atto, e trovarne di alternative è importante per salvaguardare la propria salute sia fisica che psicologica.

Sebbene la capacità di provare emozioni sia innata, la capacità di regolarle e gestire in maniera funzionale le nostre reazioni emotive è influenzata da molti fattori, alcuni di tipo biologico, altri invece legati alle nostre esperienze di vita. Le primissime relazioni vissute da bambini con i propri genitori, ad esempio, sono fondamentali nel processo di strutturazione di queste strategie.

Prima di addentrarci nei meccanismi di regolazione emotiva, è importante interrogarsi sulla natura delle emozioni stesse, ricordando che non esistono vere e proprie emozioni “negative”, ma solo emozioni spiacevoli, che però sono segnali importanti, che ci dicono qualcosa. Segnali dolorosi ma non necessariamente da scacciare, non prima di averne riconosciuto il significato.

Le emozioni sono come onde nel mare

Provate a pensare a un evento che nella vostra vita vi ha generato un’emozione positiva di gioia. Una bella notizia, un incontro speciale. Come vi hanno fatto sentire? Non siete per caso stati colpiti come da un’onda improvvisa che poi dopo un po' è andata scemando dentro di voi?

Le emozioni sono proprio come delle onde del mare che:

  1. si alzano improvvise;
  2. raggiungono il picco;
  3. si infrangono sulla riva, ristabilendo uno stato di quiete.

Pensare a un’emozione come un’onda che si infrange è facile, soprattutto se si pensa alle emozioni cosiddette “positive” ovvero che ci fanno sentire bene.  Meno intuitivo, ma pur sempre vero, è pensare che anche le emozioni spiacevoli funzionano allo stesso modo. Eppure, sembra più difficile riuscire a lasciare andare le emozioni negative proprio come onde che si infrangono sul bagnasciuga.

Piuttosto quando si vivono situazioni emotivamente molto intense, si è portati a mettere in atto delle strategie, non sempre del tutto funzionali, per cercare di limitare, ridurre o addirittura eliminare definitivamente ogni forma di disagio. Senza rendersene conto si evitano certe emozioni. Certe situazioni. Certe persone.

Evitare alcune emozioni è utile?

L’evitamento delle emozioni è un processo psicologico, spesso disfunzionale, che porta a sottrarsi o a evitare situazioni spiacevoli per evitare di soffrire. Si concretizza in tentativi di fuga o di controllo delle emozioni che di fatto ne bloccano il naturale decorso. Riprendendo la metafora delle onde del mare è come se attraverso l’evitamento bloccassimo l’onda prima che possa raggiungere il picco per poi discendere e infrangersi sul bagnasciuga.

Questo si concretizza solitamente in un immediato senso di sollievo, molto spesso però momentaneo, ma non solo. Spesso l’evitamento emotivo, o la risposta impulsiva, ci porta ad accumulare scorie, mentali o fisiche, che tendono a creare altro stress e disagio psicologico.

Apparentemente le strategie di evitamento potrebbero sembrare vincenti perchè consentono di:

  • spostare la mente da ciò che fa soffrire ed impegnarla in altre attività;
  • accedere a piaceri effimeri quali il cibo, o gli alcolici, per esempio.

Tuttavia, evitare di esporsi a situazioni difficili non fa altro che confermare ripetutamente la necessità di evitare le stesse situazioni anche in futuro, senza dare la possibilità alla persona di sperimentarsi in strategie alternative più funzionali di gestione emotiva.

Il ruolo delle emozioni nel rapporto con il cibo

Il meccanismo di evitamento emotivo e delle esperienze:

  • impedisce una corretta elaborazione degli eventi a discapito della possibilità di esercitare altre strategie più funzionali di gestione delle nostre emozioni;
  • porta, alcune volte, a mettere in atto dei comportamenti potenzialmente problematici.

A chi non è capitato di concedersi un dolcetto in un momento di stress, o mangiare qualcosa di saporito ma non proprio salutare in caso di noia, o magari di un pizzico di tristezza? Se indulgere saltuariamente in questo tipo di concessioni – in realtà meccanismi di [dis]regolazione emotiva – non è preoccupante, mangiare regolarmente in risposta a emozioni difficili e spiacevoli può costituire un problema.

Una minaccia alla linea, ma non solo, anche un potenziale problema di salute e in generale un ostacolo al nostro benessere psicologico, come ci avvertono le evidenze scientifiche che sempre più spesso relazionano meccanismi come questo con stress, disagio e sofferenza.


Cosa fare per non evitare le emozioni negative? 

Un simpatico gioco di parole per dire che l’evitamento delle esperienze funziona come una trappola. Più evito, meno familiarizzo con emozioni difficili, più le eviterò in futuro, accumulando gli effetti di scelte impulsive o di vere e proprie fughe.

Molti biscotti di troppo mangiati, molte sigarette fumate, tante passeggiate evitate, tante ore di sonno perse. Tanti momenti in cui non siamo quelli che vorremmo essere. Ma uscire da questo vortice è possibile.

Innanzitutto, occorre coltivare una maggiore disponibilità ed apertura alle esperienze. Cosa significa? Significa essere pronti a vivere emozioni spiacevoli, consapevoli del fatto che fanno parte della normale esperienza umana. Sforzarsi strenuamente per evitare di soffrire è inutile.

Il primo passo è accettarne la possibilità. Rendersi conto che fa parte della vita, che è normale soffrire, e concedersi di stare male. Spesso è il primo passo per poi uscire gradualmente dalla situazione dolorosa e riprendere il timone della propria vita e della propria emotività. Non si tratta certo di un percorso scontato, riuscire ad aprirsi alle esperienze richiede sforzi ed energie, e sofferenza appunto. Ma l’alternativa sarebbe ancora più dolorosa.

La pratica della Mindfulness – meditazione intesa in senso scientifico, per esempio, può essere d’aiuto, così come ogni altra pratica che faciliti la consapevolezza di sè.


Psicologia Clinica in Auxologico

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